giovedì 17 novembre 2011

Uncharted Warfare 3 [Review]

A cercarne, di immagini con questo logo, se ne trovano almeno 4 con lo sfondo di diverso colore. Quale sarà quella ufficiale?
Il più grande pregio di Uncharted 2: Il Covo dei Ladri era probabilmente quello di possedere l'innata capacità di creare una perfetta commistione di sequenze giocate ed eventi scriptati: passando per lo scontro con un elicottero sui tetti nepalesi, arrivando al secondo scontro con un elicottero a bordo di un treno in corsa sul fianco di una montagna innevata fino alla distruzione di ogni centimetro di un villaggio da parte di un corazzato, il secondo capitolo della saga Made in Naughty Dog riusciva laddove molti avevano prima tentato e fallito: dare la sensazione al giocatore che in ogni momento qualcosa potesse capitare facendo precipitare la situazione; e così era: stava al giocatore, messo in difficoltà dagli script, venire a capo dei numerosi scontri a fuoco di cui il gioco era costellato.
Uncharted 3, invece, e guardadiciamolosubitochesennòpoisistapeggio, fa l'esatto opposto: circa dieci ore di stupro dello script in ogni sua forma, roba che neanche un porno di Siffredi a caso è così prevedibile (perché i porno di Siffredi sono prevedibili, dai). Ma, come usi, costumi ed educazione demandano, andiamo con ordine.


"Vieni Nate! E' ASSOLUTAMENTE impensabile che quelle travi nere e marce possano cedere al tuo leggiadro passo!"
Malgrado valori di produzione elevatissimi, Uncharted 3 incespica proprio in quelli che nei suoi predecessori erano punti di forza e colonne portanti del gameplay: il coinvolgimento del giocatore ed il ritmo con cui gli eventi a schermo prendevano vita. Bene, dopo aver buttato tutto nel gabinetto e aver sonoramente dato almeno tre tirate di sciacquone Naughty Dog dev'essersi scervellata sul come rendere semplicemente indigeribile il susseguirsi d'eventi a schermo: ora si esplora per mezzora, si risolvono tre enigmi di fila (tutti rigorosamente risolti almeno a metà nel diario del misconosciuto viaggiatore di turno) poi si combattono 82343749238 ondate di nemici (che, toh guarda, "Devono averci seguito!" - la miglior scusa della storia, complimenti) e solitamente ci si imbarca in una fuga all'apparenza disperata ma "toh guarda lì c'è l'appiglio magico che nessuno dei 30 nemici bruciati davanti a noi aveva visto e prendiamolo e siamo fuori e libertà e partiamo per la prossima location in cui compiremo ESATTAMENTE LA STESSA COSA". E ancora. E ancora. E ancora fino a che non si arriva circa ai tre quarti dell'avventura.
Inutile sottolineare ancora come questa scelta narrativa non solo uccida, ma lapidi, crocifigga, impali, scuoi, evisceri, violenti da dietro col sale, infierisca su quanto di megamagnificenzio svolto in passato.
Ma parliamo del cast di questo sextape del riciclo esempio di game design: ritorna Chloe, quella facile del due, quella con cui ce n'era maguardanonabbastanzaperchénonprendelapillola, ma il suo è un ruolo più che altro da macchietta. Ci sono due cattivi (tale vecchietta malefica Marlowe e giovane rampante con cui fa la milf in video amateur Talbot, che a tempo perso fa pure il magician) talmente piatti, talmente insulsi, talmente banali, talmente macchiette che vanno via al primo colpo anche senza usare Dixan, quello col De Luigi che fa l'idiota per pochi dobloni.
E poi c'è Jason Statham. No sul serio, guardare qui sotto per credere. C'è Jason Statham che siccome fa quello che ne sa più di Drake da metà gioco guarda te ha il tipico incidente da Holly & Benji e deve starsene in panchina, ma in fondo poco male perché sembrava lo stesso Statham di quel bel film che era Snatch - Lo Strappo in cui a lui veniva fatto fare tutto meno quello che doveva essergli fatto fare.

Però Transporter: Extreme e Crank eran gran film, su, Jason.
Infine, per mantenere quella sempreverde tendenza dello scrivere tutto ed il contrario di tutto, si può arrivare a concludere che Uncharted 3 è un bellissimo videogioco per tutta una serie di motivi che stanno per arrivare, ma che dal confronto con i due predecessori esce con le ossa rotte.
Graficamente è, con tutta probabilità, quanto di meglio si possa chiedere ad una console d'attuale generazione: la varietà di location (importante ribadirlo: m-a-l s-f-r-u-t-t-a-t-e) permette di godere appieno di tutti quegli effettoni ed effettini di qui l'engine grafico è capace, regalando talvolta qualche caduta di mascella a grave rischio di mutilazione genitale qualora si giochi in posizione particolarmente seduta (le posizioni del gamer, articolo di prossima ventura) nel caso si possieda un cromosoma Y, di aborto spontaneo nel caso ci si fregi dell'aver la coppia XX. Se non siete uomini e non siete incinta, in sostanza, non potete giocare ad Uncharted nella posizione particolarmente seduta.
C'è una direzione artistica egregia, con scenari evocativi, edifici fatiscenti qui e là e la ricostruzione mirabilmente curata di città e vita delle stesse, di scenari tanto atipici quanto banali nella loro quotidianità, ma un level design davvero poco ispirato riduce tutta l'esplorazione ad un semplice aggrappati aggrappati ed aggrappati ancora finché il prossimo elemento a caso dello scenario non cede in uno script talmente telefonato che l'ordinazione di una pizza presenta spunti di sviluppo sicuramente meno banali ed attesi.
Mantenuta, grazie a Giove, la qualità del comparto sonoro marchio di fabbrica della serie: doppiaggio italiano stavolta meno ispirato ma comunque ottimo (specie se confrontato con prodotti simili -e.g. Enslaved, di prossima trattazione), colonna sonora adeguata, mai invadente e purtroppo non evocativa come quella del predecessore, ma comunque piacevole all'udito.
Buco nero nelle fasi di shooting: colpi che vanno inspiegabilmente a vuoto (bad clipping, amor de mi vida), rinculo delle armi che neanche se lo reggeva il figlio di Altaìr quel mirino si spostava così, tante armi totalmente inutili (i tre fucili da cecchino... tre.fucili.da.cecchino...), un sistema di combattimento corpo a corpo esaltante sulle prime, ripetitivo come il vecchio nonno che vai a trovare in campagna o al mare sulla lunga, ma comunque ben realizzato e discretamente esaltante.
Certo che piuttosto che affrontare l'ennesima scazzottata con un bestione di 120 kg, come suggerisce la nostra amica Elena qui sotto sarebbe meglio perseguire altri fini...

Chi vuol capire capisca.

Ma insomma, si salva qualcosa di questo Uncharted? Certo: tutto. Come prodotto a sè stante, Uncharted 3: L'Inganno di Drake è qualcosa di raramente mirabile. Il problema è che prima di lui è uscito Il Covo dei Ladri (e mica cazzi), e che la nuova produzione Naughty Dog soffre in modo davvero terribile il paragone con il suo predecessore. A parte questo, un altro must buy sicuro per i fan della serie, per chi possiede una PS3, per chi videogioca. Bisogna solo sgonfiare un attimo l'hype.

P.S. Ah, dei tre fucili da cecchino, uno è in realtà una pistola. Una pistola da cecchino. Ripetiamo assieme: Una-Pistola-Da-Cecchino. Sofferenza.

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