lunedì 12 dicembre 2011

Tekken Blood Vengeance e quella che dovrebbe essere trama di un film di mazzate

Che già la cover guarda...

C'è che è l'una del mattino, hai appena finito di vedere Tekken Blood Vengeance e tutto quello che ti riesce da pensare è che hai appena buttato un'ora, ventotto minuti e ventuno secondi della tua vita dritti dritti nel cesso.
Ma cos'è Blood Vengeance? E' un film realizzato interamente nella Computer Grafica del Terzo Mondo, in cui qualitativamente si salvano solo le animazioni dei (pochi) combattimenti, e in cui si cerca tanto di sbolognare allo spettatore il solito concetto di "Ma perché fai la guerra e non l'amore?" e "Amiamoci tutti che l'uomo fa proprio schifo come razza". Il problema è che per farlo parla dell'amicizia.
O meglio: il problema è che per farlo parla dell'amicizia tra Ling Xiaoyu e Alisa, un robot del sempre felicemente ricordato Dr. Boskonovitch (qui inspiegabilmente trascritto Bosconovitch, ma tant'è); e qui dovrebbero scattare i "Ma sul serio? Ma non c'aveva già pensato la Warner Bros. con 'Il Gigante di Ferro'?.
Certo che ch'aveva già pensato la Warner Bros., ma bisognava che qualcuno lo dicesse a Namco.


Tranquilli tutti, questa NON è la scena più idiota del film. Anche se poco ci manca.
Si diceva che di Tekken Blood Vengeance s'è apprezzato poco: in primo luogo va punita l'idea di incentrare l'intero svolgersi della vicenda attorno alla figura di Ling: con un cast come quello di Tekken in cui per definizione del genere videoludico d'appartenenza ci sono tanti protagonisti e la storia come viene viene maguardatantoilcarismacel'hannolostesso, non puoi pescarmi il personaggio che per eccellenza incarna lo stereotipo della studentessa giapponese fatta a misura d'hentai con tutti quei 'uh uh' e manine sul visino finché si ride e bronci strani e facce strane e gesticolazioni strane e con a guardia del corpo un panda.
No eh, manco un gran fan di Tekken, può voler vedere un film così. Perché se da un lato ci sono Jin, Kazuya e Heihachi Mishima (cioè la crème de la crème del cast tekkeniano) che si beccano un totale di venti minuti di proiezione, dall'altro non puoi farmi sopportare un'ora e otto in cui una studentessa da hentai e un robot cheguardaconqueicapellinonsicapiscechenonseiumana che parlano dell'amicizia, oltre che a sviluppare evidenti tendenze omosessuali (o robosessuali, che si voglia). 


E dopo il miglior Triple-Threat Match digitale a memoria d'uomo, si ritorna negli abissi sbrodoloni della storyline più filo-lesbo mai vista.

Meno male che a sorreggere un ritmo cadenzato quanto quello della marcia di un gruppo di studenti verso scuola con verifica di matematica alla prima ora subentrano quei tre-quattro scontri che oh, no, guarda, grazie.
Perché a voler vedere del buono senza sforzarsi quanto uno stitico, in Blood Vengeance, basta guardare le sequenze d'azione per notare quanta cura sia stata riposta nell'inserire tutti quei piccoli tocchi che permettono d'identificare un personaggio della celeberrima saga joystick alla mano: intere combo sono mutuate dal gioco e questo non può che provocare problemi di pallite turgida nei ragazzi alla visione ed effluvi calor lava in eventuali donzelle che conoscano ed apprezzino il titolo originale.
Che poi a livello di trama non si starebbe neppure male, se non fosse tutto così forzatamente sentimentale: è un film di Tekken diamine, perché in un film di Tekken la gente si deve chiedere 'Che senso ha continuare a combattersi l'un l'altro?': premio alla scrittura meritatissimo per il Sig. Dai Sato, autore di questo scempio, in grado di rendere sbrodoloso un film di mazzate. Che ricapitolando è:


Venti euro a chi a questo punto del film non si chiede "Ma che sto facendo della mia vita?"

Un film di mazzate. In Computer Grafica. Un film di mazzate in Computer Grafica di Tekken. Un film di mazzate in Computer Grafica di Tekken sbrodoloso. Un film di mazzate in Computer Grafica di Tekken sbrodoloso ed in cui le mazzate sono al minimo sindacale.
Complimenti, Namco, un altro gran centro nell'alienazione di questa saga leggendaria al pubblico odierno.

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